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Due personaggi raccontano in questo libro, a distanza di dieci secoli l'uno dall'altro, due storie adriatiche, legate all'identità del confine, dei luoghi mediatori di conflitti, di incontri e scontri tra culture. La storia di Giuda Ciriaco, santo protettore di Ancona, l'ebreo scopritore della croce di Cristo divenuto vescovo cristiano, apre una finestra sui rapporti tra cristiani ed ebrei a Gerusalemme nel V secolo, nel momento in cui si originano una nuova identità cristiana e, insieme ad essa, paure, ansie e conflitti. Trasferita ad Ancona da Gerusalemme nell'ambito di rapporti politico-diplomatici della città con gli imperi d'Oriente e d'Occidente, una delle prime testimonianze dell'impiego politico delle reliquie, la storia del santo ebreo viene ricodificata da nuovi significati e diverse sensibilità culturali. Dal culto delle reliquie utilizzate come dono diplomatico dall'impero bizantino muove anche la storia di Ciriaco Pizzecolli, mercante e antiquario di Ancona, per costruire, nella prima metà del XV secolo, l'idea della tradizione classica come heritage, patrimonio della civiltà occidentale, attraverso l'invenzione del collezionismo delle antichità. Ciriaco sostituisce le sacre reliquie cristiane con le reliquiae antiquitatis, ma con la stessa funzione: "resuscitare i morti" come definiva la sua missione. Ma il suo progetto, condiviso con gli imperatori bizantini e con il cardinale Bessarione, è sopratutto politico: creare una nuova immagine, appetibile per l'Occidente.